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Del “family boulder” o dell’arte della conciliazione in situazioni estreme – prima parte

A cura di Laura Pucci **

“Per questo dico che dobbiamo rivisitare continuamente la nostra dimensione personale con la lente del politico e la nostra dimensione politica con la lente del personale” [1]

Sapete che cosa è lo “street boulder”?

Io ne ignoravo l’esistenza fino a quando non ho assistito casualmente ad una dimostrazione, al “Festival Internazionale del gioco” di Verona nel settembre 2013. E’ qualcosa di simile al free climbing su strutture cittadine, “una scalata urbana” [2], nella quale lo street boulder si muove da un punto all’altro di un percorso usando gli appigli, naturali o artificiali, dello spazio urbano: marciapiedi, panchine, alberi, scale, ringhiere, cordoli, parapetti…

Questo sport spettacolare, bizzarro e divertente, dà l’impressione di richiedere resistenza, molta agilità ma anche una gran capacità d’osservazione, di individuare e cogliere nell’ambiente, nel percorso scelto, ogni “appiglio” possibile per arrivare alla meta.

Se devo usare il gioco delle metafore per rappresentare la mia esperienza di conciliazione, ecco, mi viene in mente lo street boulder, perché conciliare vita e lavoro un po’ ha a che fare con le nostre scelte … si sceglie la città il quartiere, quando si è fortunati il lavoro, un po’ con quanto ci accade… le perdite, gli imprevisti della vita…

 

Ho una figlia, ha dieci anni, e un impegno lavorativo che, negli anni, è andato crescendo a 30 ore settimanali, e che implica scadenze, riunioni nel tardo pomeriggio, qualche trasferta e la gestione di molte relazioni. I nonni non ci sono più, ci hanno lasciato molto presto e non vi è nessun altro supporto stabile nella rete familiare. Inoltre, quattro anni fa mi sono separata, e, come dice il (brutto) linguaggio legale, sono il genitore collocatario, ovvero quello con cui vive la bambina (l’altro vive e lavora in un’altra città). Ciò significa da un lato che lei è con me tutto il tempo che non trascorre a scuola e che provvedo io principalmente ai suoi impegni e bisogni; dall’altro che non ci sono sistemi di “sicurezza” disponibili quando la scuola è chiusa o sopravviene una malattia e gli imprevisti di una certa entità rischiano di tradursi per forza in assenze dal lavoro. Questo il paesaggio che ha “modellato”, potrei dire allenato, i miei faticosi, i primi anni faticosissimi, tentativi di conciliazione. A volte mi trovo a riflettere che poche cose – un titolo di studio, un contratto a tempo indeterminato, la provenienza da una famiglia solida ben radicata nella comunità – mi tengono al di qua del confine che separa dalla fragilità/povertà sociale, che, come raccontano le statistiche, molte persone, soprattutto donne [3] , si trovano a superare a seguito di una separazione.

La mia esperienza di conciliazione ha comportato molte scelte nette, nella vita privata ed in quella lavorativa.

Riflettendo a posteriori, mi rendo conto che sono state orientate da tre criteri, che sono oggi in modo consapevole dei principi guida:

  1. aver buona cura di me, delle mie energie, del mio benessere [4]… ovvero ricercare del tempo di solitudine e la semplicità nel vivere, curare la salute, creare spazio per il vuoto e per il riposo;
  2. creare del tempo di qualità da passare con mia figlia, sia come attività da condividere (dal tempo per le famiglie dei primi mesi di vita al sabato alla corale di oggi, passando per viaggi e tempo con gli amici) ma anche come momenti di tranquillità casalinga, dedicati a parlare ascoltare musica… con limiti abbastanza severi al lavoro di sera o nei fine settimana;
  3. scegliere modalità di lavoro che riducessero il rischio di conseguenze negative in caso di imprevisti … perché, per la legge di Murphy, se un’influenza può arrivare nel giorno in cui scade il bando di un progetto da 400.000 € beh, lo farà!

Quali sono state le scelte che oggi ci permettono di compiere il nostro percorso di life boulder, in modo faticoso ma sereno, passando per deadline materne e quadrimestri scolastici filiali?

Una delle prime è stata la rinuncia a quasi tutte le attività extra lavorative di un certo impegno, scelta comune a moltissimi genitori: c’è chi smette di praticare l’alpinismo, chi di suonare nella band o di fare militanza politica attiva… Chi si tiene stretto un hobby o l’impegno sociale, ma archivia per un po’ di anni la vita culturale o il tempo con gli amici. Ciascuno ha la sua ricetta, che è un po’ più amara per i genitori single che non possono affidare i figli al partner e dovrebbero ricorrere di nuovo a servizi, tate, amici, … . Fondamentali poi una scuola a tempo pieno, con buona pace della ex ministra Gelmini, ed un aiuto domestico. La prima economicamente più sostenibile ed anche, a mio avviso, pedagogicamente più valida di una baby sitter o di un post scuola … . La seconda, utile per preservare energie e tempo, ha significato costruire un rapporto di lavoro regolare e sperimentare a mia volta il ruolo di datore di lavoro “conciliante”. Un paio d’attività extra scolastiche completa il quadro assicurando un po’ di tempo extra in caso di surplus di lavoro o per sbrigare le incombenze familiari.

Note

[1 ] “Lavorare con il sogno di una felicità urbana”, intervista a B. Saraceno, in “Animazione Sociale”, ottobre 2013.

[2] https://www.facebook.com/STREETBOULDER Forse versione hip hop del bouldering, un’arrampicata su pareti di media altezza effettuata senza corde od altri supporti.

[3]   “… le vite difficilissime, pericolose e solitarie, delle … madri sole” sempre in “Lavorare con il sogno di una felicità urbana”, cit.

[4] Il benessere della persona è tra gli obiettivi strategici dichiarati da Fondazione Cariplo nel Documento Programmatico 2013-2018. Mi pare il riconoscimento che si tratta di un ingrediente fondante, condizione ed insieme fine, delle politiche (sociali)…

[…]

Venerdì 25 luglio 2014 verrà pubblicata la seconda parte del post di Laura Pucci.

** Laura Pucci, 47 anni, laurea in Scienze Politiche e Master in Environmental Management. Mi occupo di progettazione, innovazione sociale e formazione in un consorzio di cooperative. Vivo a Brescia con mia figlia e due gatti neri. Nel (poco) tempo libero, canto in un coro, tento di imparare il tango, vedo moltissimi film.

Categorie:Esperienze Tentativi di conciliazione

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